Bonus fiscali

BTP Valore: un'analisi critica

27 maggio, 2024

La seconda emissione del BTP Valore ha visto un calo nello slancio rispetto alla prima, raccogliendo 40 miliardi di euro. In totale le due emissioni hanno portato a 102 miliardi gli euro raccolti dalle famiglie italiane. La somma rimane comunque significativa, dimostrando un certo grado di fiducia del risparmio privato italiano nei confronti dello Stato. È una fiducia ben riposta? 

È evidente come ci sia un collegamento tra queste emissioni e il Superbonus. Quest’ultimo, assieme ai vari bonus edilizi degli ultimi anni, ha un costo crescente che i tecnici pubblici faticano ancora a stimare. Non si sa ancora quanto ci costerà! L’ultimo dato aggiornato a inizio Maggio parla di ben 210 Miliardi di euro, ovvero più del valore totale del PNRR. Tutti questi crediti fiscali stanno drenando risorse allo Stato e hanno creato la necessità di trovare nuovi flussi di cassa in entrata. 

Lo spiego con un esempio: se con il tuo lavoro devi pagare 5.000€ di Irpef ogni anno, ma hai fatto lavori a Bonus per 25.000€ che puoi detrarti in 5 anni, lo Stato non riceverà più i tuoi 5.000€ per 5 anni. Anzi, essendo un credito al 110%, oltre a non ricevere 5.000€, te ne dava 500€! Tutto ciò ha messo non poco in difficoltà il bilancio pubblico, costringendo il governo ad attingere al risparmio privato attraverso strumenti come i BTP Valore, che altro non è che un prestito che il privato fa allo Stato italiano.

Regressività e impatti sociali.

Una delle critiche principali riguarda la natura regressiva sia del Superbonus che dei BTP Valore: entrambi i meccanismi sono stati accusati di favorire i più ricchi. Dati alla mano, a beneficiare maggiormente del Superbonus è stato soprattutto un segmento della popolazione che, per patrimonio e competenze, già poteva permettersi quei lavori. Analogamente, dovendo attirare molti risparmiatori, i tassi di interesse proposti dal BTP Valore sono stati (leggermente) superiori ai prezzi di mercato già offerti dallo Stato. Questo comporta che, per pagare il Superbonus usufruito da pochi abbienti, si è fatto debito pubblico finanziato da pochi buoni risparmiatori, forse gli stessi che hanno fatto i lavori da Superbonus, che riceveranno degli interessi pagati con le tasse di tutti, inclusi i meno abbienti, aumentando così le disuguaglianze sociali. Il tipico serpente che si morde la coda.

La sfida della credibilità.

Un altro punto di discussione è il danno alla credibilità dello Stato italiano. Le recenti misure tardive e retroattive per gestire i crediti fiscali del Superbonus hanno messo in dubbio la stabilità e la prevedibilità delle politiche fiscali italiane. Alla non brillante raccolta del BTP Valore, è seguita infatti la decisione di rivedere come spalmare i crediti da Superbonus, passando da 5 a 10 anni con effetto retroattivo. Tornando all'esempio precedente, con la spesa da Superbonus da 25.000€, lo sconto delle tasse non sarà più pari a 5.000€ in 5 anni, ma sarà di 2.500€ in 10 anni. Per le entrate dello Stato italiano è una gran differenza, perché 2.500€ all'anno di tasse glieli dai comunque! Ricorda che uno Stato non fallisce perché fallisce la sua economia. Uno Stato fallisce quando non ha più soldi per pagare il proprio debito! 

La decisione è stata necessaria per evitare un deficit eccessivo, ma ha creato incertezza e  sfiducia nei mercati, e potrebbe ripercuotersi negativamente sulla capacità futura dello Stato di raccogliere fondi attraverso l'emissione di nuovi titoli di debito. Tradotto: tassi di interesse più alti, pur in una situazione di tassi europei in diminuzione. Un bel problema.

Le dinamiche economiche e sociali legate alle politiche fiscali italiane sono complesse, e gli eventi recenti mettono in luce la necessità di una gestione più oculata e trasparente del debito pubblico, richiedendo di bilanciare le esigenze di cassa con l’obbligo di garantire equità e stabilità economica, per evitare che le misure attuate finiscano per favorire ulteriormente le disuguaglianze sociali.

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